Da molti ritenuto - ed a nostro avviso a ragione - il capolavoro assoluto del teatro di Molière, Il malato immaginario (1673) narra le disavventure di un anziano ipocondriaco (Argan), padre di una bella figlia (Angélique), marito di una donna opportunista e fedifraga (Béline) e vittima di uno sciame di dottoroni-avvoltoi salassatori e ciarlatani. I guai cominciano quando, con un patto di matrimonio arbitrariamente siglato, Argan promette la figlia in moglie ad un giovane - quanto babbeo - dottorino di fresca laurea, in modo così da potersi garantire un sereno (...e gratuito) futuro di consulti e di ricette. L’ostilità della figlia, segretamente innamorata di Cléante, e la calcolata ingerenza della moglie, algida esecutrice di un piano truffaldino, finiscono per spingere il povero Argan in una fitta trama di inganni, di equivoci, di burle e di finzioni, giocate - per lo più - sulla sua stessa burbera ed inguaribile ingenuità.
Si tratta, con tutta evidenza, di un atto di accusa graffiante e spietato contro il Seicento dei soprusi culturali e patriarcali, contro le ipocrisie e le logiche di interesse, contro la falsità e gli sterili moralismi, ma il tutto - come nella migliore tradizione molièriana - avviene in un clima di festosa e scoppiettante ilarità, come sospinto da quel vento gioioso e giocoso, brioso e funambolico tipico della Commedia dell’Arte (del resto chi è Argan se non un Pantalone circondato da servette, innamorati giovani e dottori?). E, di fatto, è proprio da quest’ultimo assunto che prendono avvio le prioritarie linee direttrici di questo innovativo adattamento scenico: basandosi su un’idea di regia vistosamente protesa verso il recupero del geniale ed inesauribile patrimonio comico e satirico dell’opera, la messinscena - attraverso la vivacità dell’intreccio e le sue gustose pirotecnie attoriali (i lazzi, i giochi di parole, i virtuosismi...) - risale all’idea primordiale, agli intenti critico-demolitori, ai presupposti culturali e finanche intellettualistici dell’autore, pur rimanendo estremamente accessibile, divertente, coinvolgente, piacevole... insomma, come il teatro di Molière non dovrebbe mai dimenticare di essere.